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Mitologia d'impresa - L'ordinaria amministrazione e l'emergenza - due lezioni dl mito di Orfeo

angeloluigimarchet




Al centro di questo nuovo articolo non c’è un dio, ma il figlio di una musa e di un sovrano.

Il suo nome è Orfeo.

Uno dei pochi umani della mitologia greca (per quanto divino, da parte di madre) a essere sceso negli Inferi ed essere tornato per raccontarlo…anche se con una pena tremenda nel cuore.

Vedremo quali sono le molteplici lezioni che possiamo trarre dalla sua storia. Lezioni per l’imprenditore che hanno a che fare con i tempi di ordinaria amministrazione e con quelli di emergenza.

 

***

 

In questo blog abbiamo intrapreso un piccolo viaggio dentro un tema sterminato.

Un percorso che è iniziato con la pubblicazione di un libro “Mitologia d’impresa – Gli insegnamenti del mito greco per l’imprenditore”, che ho scritto e che puoi ordinare seguendo questo link.

 

L’idea è quella di gettare dei ponti tra due sponde all’apparenza molto distanti tra loro: la mitologia greca e il mondo del fare impresa.

Perché c’è una saggezza, nei miti degli antichi, che ha superato la prova del tempo, che affonda le sue radici molto in profondità, dentro tutti noi.

Una saggezza che, di conseguenza, può e deve riguardare anche la cultura d’impresa, sostenibile, responsabile, innovativa.

 

La prima tappa era dedicata ai miti delle origini, dunque al rapporto tra il passato e il futuro, tra la tradizione e l’innovazione: la puoi recuperare qui.

La seconda, invece, si è concentrata su Icaro e sui rischi di volare troppo in alto, senza le dovute precauzioni: si può leggere qui.

Nella terza abbiamo raccontato la storia di Narciso, per riflettere sull’importanza e sulle controindicazioni della conoscenza di sé.

 

***

 

Il “canto” è il grande talento di Orfeo, la capacità di smuovere gli animi con le parole, di persuadere, di farsi seguire dalle persone, di agire sulla realtà tramite il potere trasformativo della comunicazione.

Moltissime sono le narrazioni che s’intrecciano riguardo la sua vicenda; e questo fatto non stupisce: si tratta di un personaggio che ha affascinato scrittori, pittori, scultori e compositori di ogni tempo…

 

Tutte le versioni della sua mitica biografia concordano sul luogo in cui è nato e cresciuto: la Pieria, terra delle Muse, non distante dal monte Olimpo. Il suo maestro nell’arte della lira e del racconto fu niente meno che il dio Apollo.

E il giovane cantore Orfeo divenne ben presto molto celebre: non appena si metteva a suonare e a narrare, intorno a lui accorrevano tutte le persone dei dintorni, e lo ascoltavano ammaliate per ore e ore. Ma anche le bestie feroci si radunavano intorno ai suoi canti, e si placavano. Perfino le piante e le rocce venivano smosse dalla sua lira.

 

La fama del cantore raggiunse, infine, Giasone, che decise di arruolarlo tra le fila degli Argonauti, la leggendaria spedizione di eroi che aveva l’obiettivo di recuperare il vello d’oro (…ma questa è un’altra storia; storia collettiva a cui dedicheremo un altro articolo di questo blog, più avanti).

 

***

 

 

Fermiamoci per un attimo. E iniziamo ad appuntarci una parola chiave: “persuasione”.

 

Orfeo può essere visto come un leader moderno. Non è un capo di eserciti, non è un tiranno.

Non impone con la forza, ma convince, persuade.

Infonde fiducia.

Si fa ascoltare, si fa seguire, non perché costringe, ma perché affascina.

È un comunicatore da fare invidia ai guru della Silicon Valley che abbiamo imparato a conoscere.

È un maestro irraggiungibile di quello che oggi chiameremmo “storytelling”…la capacità di raccontare storie, appunto, di comunicare, di emozionare, smuovere gli animi e portare all’azione.

 

Diciamolo con forza: un imprenditore innovativo e consapevole, innanzitutto, è un imprenditore che sa comunicare, infondere fiducia, ottenere il consenso e l'approvazione da parte degli altri.

Sa "smuovere le montagne"!

E per saperlo fare bisogna imparare a dosare due doti opposte e complementari: la pazienza di chi, per prima cosa, è in grado di ascoltare; e il guizzo, la scintilla, di chi sa cogliere il tempo giusto per affascinare...a volte basta la parola giusta nel momento giusto.

Allo stesso modo, un’impresa innovativa è un’impresa che sa comunicare all’esterno la sua unicità, la sua visione, i suoi valori, i suoi prodotti e i suoi servizi. Con pazienza e con il giusto guizzo. Sa acquisire la fiducia dei proprio clienti e degli stakeholder, ma soprattutto - al suo interno - sa come far sentire ai propri collaboratori di essere parte di qualcosa di bello, di qualcosa di buono, di qualcosa di utile.

È sempre una questione di persone.

E queste persone devono sapere dove sta andando l’azienda, con quale ritmo, con quali scopi.

Devono trasformarsi nei primi testimonial, autentici e naturali, del marchio e dei suoi prodotti.

Devono sentirsi coinvolti in questa “narrazione”, esserne gli attori e sentirsi parte della storia.

 

Attenzione!

In un mercato del lavoro aperto, fluido, globalizzato, come quello attuale, avere collaboratori felici, consapevoli e soddisfatti è la strada maestra che porta alla capacità di attirare sempre nuovi talenti, in un circolo virtuoso che è il punto d’innesco dell’innovazione e della crescita.

Il tempo in cui il lavoratore si limitava a cedere il proprio tempo, in cambio di denaro è finito.

È finito il tempo dei puri “ingranaggi” di una catena di montaggio.

 

 

***

 

Fin qui, abbiamo utilizzato la figura di Orfeo per interrogarci sul ruolo dell’imprenditore, e più in generale del leader, in tempi di ordinaria amministrazione.

Come anticipavo, però, questo personaggio ha molto da insegnarci anche per ciò che riguarda le situazioni di emergenza.

E la lezione più importante e drammatica ci è offerta dal tragico epilogo della sua storia.

 

La cosa più preziosa per Orfeo non era la fama, la gloria o il potere. Aveva, infatti, un grande amore: la moglie Euridice. Grande amore che si tramutò presto in grandissimo dolore.

 

Questo è quello che successe.

Euridice, un giorno, mentre correva in un prato, fuggendo dal pastore Aristeo che voleva approfittare di lei, venne morsa da un serpente.

Il veleno la porta alla morte, senza scampo.

Orfeo non si dà pace; è disperato, è devastato. on si crogiola nella prostrazione e decide di agire. Così si imbarca nella missione più complicata della sua vita, una missione che sembra impossibile: scendere nel regno dei morti per riportare tra i vivi la sua amata.

La lira (cioè, fuor di metafora, la sua capacità di infondere fiducia e convincere) sarà la sua unica arma.

Così ha deciso e così farà.

 

Il primo a finire incantato è Caronte, il traghettatore infernale, che tutti ci ricordiamo per la memorabile descrizione che ne fa Dante nella sua "Divina Commedia".

Poi è il turno di Cerbero, il terribile e iracondo guardiano: anche lui, al sentire i canti dell’eroe, quieta la sua rabbia implacabile.

Tocca poi a Issione e Tantalo farsi persuadere.

Infine, per il nostro eroe non resta che discendere lungo una scalinata che porta dritto alla sala del trono degli inferi, al “cuore della tenebra”: qui siedono Ade e Persefone, circondati da demoni tremendi.

Orfeo non si fa spaventare, canta, racconta la sua storia, e seduce anche loro. Li convince a dare una nuova possibilità a Euridice, a fare uno strappo a una regola che non è mai stata infranta.

 

Le due divinità del “mondo di sotto” pongono una sola condizione: che Orfeo conduca la sua amata fuori dagli inferi, camminando davanti a lei, senza mai voltarsi indietro.

 

È quasi fatta. La missione, impossibile, è quasi compiuta.

Ma l’eroe commette, proprio all’ultimo istante, un fatele errore: si volta. Non riesce a contenersi. Vuole assicurarsi che la sua amata l’abbia seguito.

La guarda negli occhi.

Subito dopo lei svanisce, riportata indietro tra i defunti.

 

 

***

 

 

Un finale amarissimo, straziante, che è rimasto nella memoria di una schiera di lettori, da secoli e secoli.

Noi, però, continuiamo a restare lucidi: siamo qui per apprendere delle lezioni, per assorbire questa saggezza così antica, confrontarci con questi esempi di vita tanto reali da essere diventati mito.

E per questo così di valore.

 

Il nostro fantastico comunicatore è riuscito a smuovere, letteralmente, mari e monti. È riuscito a convincere i peggiori mostri degli abissi. E perfino Ade e Persefone, i sovrani di questo terribile regno delle tenebre.

Ma ha commesso un errore fatale.

Un errore in cui non si deve mai incappare, soprattutto quando si è in situazioni di emergenza e difficoltà.

 

Questo è l’errore: guardare indietro anziché guardare avanti.

Farsi prendere dall’insicurezza e perdere la fiducia, non tanto e non solo in se stessi, ma soprattutto negli altri (in questo caso la fiducia in Euridice, nella sua capacità di seguire Orfeo fuori dagli abissi).

 

Rileggendo questa storia e il suo triste finale, impressa nella mente di tutti come emblema dell'amore che vince sopra ogni cosa, anche sulla morte, mi è venuta in mente un’associazione piuttosto sorprendente ma, io credo, calzante.

 

Mi riferisco alle testimonianze di alcuni alpinisti che si ritrovano, in cordata, in condizioni di estrema difficoltà, allo stremo delle forze; magari hanno appena raggiunto una vetta, c’è una tormenta di neve, non possono chiamare i soccorsi e temono proprio di non farcela a ritornare al campo base, verso la salvezza.

Tutti quelli che ce l’hanno fatta, che sono riusciti a sopravvivere, nelle loro interviste, dicono qualcosa di molto semplice e significativo: nei momenti più difficili quello che bisogna fare è mettere un passo dopo l’altro. Porsi degli obiettivi molto ravvicinati: devo raggiungere quel cumulo di neve, poi quello sperone, poi quel piano, poi quell’altro punto che vedo lì, poco più avanti. Insomma, una volta raggiunta una meta bisogna individuarne subito un’altra, non troppo lontana. Mettere un passo dopo l’altro, non farsi bloccare dai dubbi e dalle insicurezze. Raggiungere un’altra meta. Mettere un passo dopo l’altro. Non pensare troppo. Raggiungere un’altra meta. Mettere un passo dopo l’altro. E via così. 

Mai voltarsi indietro, fino a che non si è salvi.

Diversamente si è spacciati: la paura prenderà possesso dei muscoli delle nostre gambe. E finirà per immobilizzarci. Guarderemo indietro: ma non ci sarà più niente.

 

Possiamo immaginare Orfeo ed Euridice in questo modo, come due persone che stanno compiendo una scalata fuori dall’inferno, reale e metaforico, proprio come in una cordata alpinistica.

Il capo-cordata, però, commette l’errore più “normale” e tragico insieme.

Un errore di insicurezza e di sfiducia.

E l’impresa finisce nel peggiore dei modi.

 

***

 

 

Riassumendo: dalla storia di Orfeo ci portiamo a casa due distinte lezioni.

 

La prima ha a che fare con i tempi di ordinaria amministrazione, di quando l’impresa naviga in acque tutto sommato tranquille: l’importanza del saper comunicare, infondendo fiducia e convincendo i nostri interlocutori. Sul medio e lungo termine la persuasione funziona sempre meglio dell’imposizione.

 

La seconda lezione, invece, riguarda le situazioni di emergenza, di tempesta (e tutti, dopo questi anni, sappiamo bene quanto sia importante sapere come affrontarle): in questo caso servono i nervi saldi, lo sguardo deve essere puntato avanti, verso obiettivi ravvicinati e precisi, non si deve perdere la fiducia nell’equipaggio, non ci si deve far bloccare dalla paura, non ci si deve voltare verso le chimere del passato.

 

Come tengo sempre a sottolineare, ognuna di queste lezioni che sto provando a estrarre dai miti dell’antica Grecia deve essere adattata alle situazioni, così diverse, di ognuno.


E non c’è niente di meglio di trasformare queste idee in un dibattito, in un confronto di punti di vista, di opinioni, da cui tutti, infine, possiamo uscire arricchiti.


Cosa ne pensate?


Mitologia d'impresa: Gli insegnamenti del mito greco per l'imprenditore.





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